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Liberalizzazione ferroviaria: in Italia un passo indietro? Cosa prevedono le normative
(IPM) - 04/06/2009 - 

Da più parti si sente parlare di “liberalizzazione del mercato ferroviario” e di “Contratti di servizio” tra Regioni e Trenitalia. Cerchiamo di capire cosa dicono le normative riguardo questo settore del trasporto locale.
Mai come in questo periodo nel nostro Paese si sente l’esigenza di modernizzare il servizio ferroviario. Da più parti è stato sottolineato come in Italia un serio processo di Liberalizzazione dell’intero sistema ferroviario (inteso come infrastruttura e servizi ivi espletati) sia ancora di là da venire. L’Istituto Bruno Leoni, nel suo Indice delle liberalizzazioni 2009, uscito il 25 maggio 2009, ha fatto presente come il nostro sistema ferroviario sia liberalizzato al 47% rispetto a quelli di Svezia e Gran Bretagna, considerati quelli con il massimo tasso di liberalizzazione. Tuttavia, vi sono ulteriori esempi, tra i quali spicca la Germania, che meritano una certa attenzione per l’espansione del peso del vettore ferroviario nel settore delle merci.
Il Rail Liberalisation Index 2007, uno studio condotto dall’IBM Global Research Services e pubblicato a cadenza triennale, ha riscontrato che il sistema ferroviario italiano presenta un tasso di liberalizzazione insufficiente, cosa che ci ha portato a retrocedere nella classifica generale, ponendoci nel secondo gruppo tra i paesi meno virtuosi. Quindi, dal 2004 ad oggi sono stati fatti dei passi indietro nella liberalizzazione ferroviaria. Tale studio, infatti, pone a confronto le varie realtà ferroviarie comparandone l’efficienza, riunendo i vari paesi in tre gruppi distinti.
La proposta, poi, datata aprile 2009, di emettere biglietti cumulativi sulla tratta Milano-Roma sia per il mezzo ferroviario che per quello aeronautico appare lesiva della concorrenza tra i due mezzi che espletano un servizio ben diverso tra loro.
Ma che cosa significa veramente l’accezione liberalizzazione ferroviaria? Significa che su un determinato tratto di binario possono transitare convogli di più operatori. Tale gestore nel nostro Paese opera sotto il marchio RFI, e provvede a gestire gran parte della rete ferroviaria in Italia, ove transitano convogli delle più varie amministrazioni, ma prevalentemente di Trenitalia, il principale operatore ferroviario italiano, appartenente allo stesso gruppo Ferrovie dello Stato S.p.a. di cui fa parte RFI. Proprio questa vicinanza di interessi tra gestore della rete e principale operatore ferroviario nazionale ha distorto l’instaurarsi di un meccanismo concorrenziale nel nostro Paese.
Tuttavia, negli ultimi anni, nonostante gli escamotage anticoncorrenziali dell’accoppiata RFI+Trenitalia, si è vista una tendenza costante al rialzo del traffico privato all’interno della rete nazionale, quasi esclusivamente sui binari del Centronord, ove circolano mezzi che hanno acquisito da RFI una traccia d’orario per l’effettuazione di un treno, in special modo nel comparto merci.
Se l’Alta velocità nel nostro Paese sta conoscendo uno sviluppo notevole, specialmente mediatico, ove si sbandiera un ipotetico meccanismo concorrenziale (con infrastruttura pagata però dai contribuenti), è il settore del trasporto locale a conoscere un ammasso normativo così marcato da rendere incomprensibile se una eventuale liberalizzazione avverrà.
TPL è acronimo per Trasporto Pubblico Locale: questo settore presenta la situazione più difficile, in quanto è quello che viene comunque finanziato in percentuale secondo i contratti di servizio, anche se il suo Trend è in diminuzione.
Moretti tende a battere cassa presso le Regioni con insistenza sempre maggiore, vista la scarsa rimuneratività di alcune fasce orarie. Non vi è quasi alcuna concorrenza nel settore, se non in un modestissimo caso, sempre se concorrenza può considerarsi, dove i servizi sono stati assegnati tramite gara d’appalto a più operatori.
Sono possibili due meccanismi di concorrenza tra operatori in ambito ferroviario:
- la concorrenza nel mercato, sulla falsariga di quanto è avvenuto ed avviene nel trasporto merci, e quanto avvenuto in Gran Bretagna. Essa dovrebbe costituire l’obiettivo finale da raggiungere in questo settore, ma, come abbiamo sottolineato non lo può essere sicuramente a breve termine nel settore del TPL, bensì appannaggio immediato della lunga percorrenza e delle merci transfrontaliere e non;
- la concorrenza per il mercato, cioè quella che viene verificata precedentemente all’ingresso nel mercato stesso, tramite gare di appalto: è certamente il modello a cui dobbiamo puntare ad arrivare nell’immediato nel nostro Paese, da applicarsi subito al trasporto regionale.
Quest’ultimo modello è stato adottato dal d.lgs. n. 422/1997, norma base che attribuisce alle Regioni le competenze in materia di TPL.
Tuttavia, la suddetta legge tratta sempre indistintamente i servizi ferroviari e il normale trasporto pubblico con autobus, quello noto in gergo come “TPL gomma”.
Da una completa analisi dell’art. 18, riguardante l’Organizzazione dei servizi, si evince che la suddetta norma intende disciplinare “…servizi di trasporto pubblico regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati…”.
La legge pone in capo a detta tipologia di operatori l’obbligo di stipulare “…contratti di servizio di durata non superiore a nove anni…”, e per il loro affidamento le Regioni e gli enti locali garantiscono in particolare “…il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio…”.
Questo significa che debbono essere effettuate delle Regioni delle vere e proprie Gare di appalto “…allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici e di introdurre regole di concorrenzialità…”, cosa che realmente in più occasioni è stata fatta, ma con esiti disastrosi, vista la solida predominanza di Trenitalia e la presenza di barriere all’ingresso.
Questa trattazione comune ha rappresentato un’importante elemento critico, perché è evidente che la ferrovia presenta vincoli, rigidità, e barriere all’ingresso assai più rilevanti e difficili da superare, rispetto a una qualunque rete di autolinee, in quanto la rete può essere fonte di monopolio naturale imperfetto.
Secondo il D.lgs. n.400/1999, la completa messa a gara dei servizi di TPL avrebbe dovuto essere effettuata entro il termine perentorio del 31 dicembre 2003, termine prorogato una prima volta dalla L. 1 agosto 2002, n. 166 per un biennio. Successivamente il termine è stato esplicitamente prorogato al 31 dicembre 2005 con D-L 24 dicembre 2003, n. 355 (art. 23), al 31 dicembre 2006 con L 23 dicembre 2005, n. 266 (Finanziaria 2006, art. 1, comma 394) e al 31 dicembre 2007 con D-L 28 dicembre 2006, n. 300 (art. 6 comma 4-bis).
Al suddetto termine del 31 dicembre 2007, non vi è stata più alcuna proroga. La mancanza di proroga ha destato un certo scalpore, perché un’interpretazione letterale della legge non può che portare alla conclusione che non è possibile sottoscrivere alcun contratto di servizio in affidamento diretto, cioè senza gara. E sappiamo che, ad esempio, all’inizio del 2008 tutti i contratti tra le Regioni e Trenitalia erano già scaduti.
Nel frattempo, proprio nell’autunno 2007 ad ulteriore complicazione della materia, è intervenuta l’Unione Europea emanando il Regolamento n.1370/2007 relativo ai “… servizi pubblici di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia…”, che tratta il tema delle gare all’art. 5 (Aggiudicazione di contratti di servizio pubblico). Purtroppo, questa norma acquisirà efficacia solo due anni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea.
Contrariamente a quanto viene disposto dalla nostra legge nazionale, esso dà facoltà ai Paesi membri di “…far aggiudicare direttamente i contratti, a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale…”, con durata dei contratti fino a 10 anni.
Peraltro di fatto, per adeguarsi all’obbligatorietà delle gare, detta normativa ha fissato, si spera in maniera perentoria, un termine di ben 10 anni per adeguarsi, cioè fino al 2019.
Con il nuovo regolamento, la scelta di fare o meno le gare viene ricondotta alla normativa nazionale, la quale, nel nostro caso, ne sostiene l’obbligatorietà.
Tuttavia col decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella L.133/2008, all’Art. 23-bis si è inteso trattare la questione delle modalità di affidamento di tutti i servizi pubblici locali, quindi inclusi ferrovie e TPL, e le sue disposizioni “…prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili…”.
Il testo del suddetto articolo prevede che “…per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria…”, prevedendo inoltre che là dove le gare sono obbligatorie, occorra procedervi entro il 31 dicembre 2010, dilazionandone ulteriormente la loro applicazione.
La ferrovia ricade quindi in quest’ultima ipotesi: la legge italiana prescrive che occorre rispettare la disciplina comunitaria, e quest’ultima sancisce l’eventuale obbligatorietà delle gare alla legislazione nazionale. Siamo di fronte ad una pericolosa norma di chiusura che consente in qualunque situazione di poter evitare la procedura di messa a gara dei trasporti ferroviari, di fatto chiudendo la porta alla concorrenza tra operatori di TPL.
Non essendovi, pertanto, un contesto normativo trasparente, al momento è indispensabile un’opera di armonizzazione immediata della disciplina del TPL che consenta un ingresso di più operatori e che riesca a consentire una sempre minore elargizione di denaro pubblico per l’esercizio del servizio ferroviario regionale, per poi preparare la strada ad un regime di concorrenza perfetta minimamente finanziato anche nel settore del TPL.
Niente si sa, pertanto su quando e come vi sarà una vera e propria disciplina concorrenziale nel trasporto pubblico locale.
Il trasporto ferroviario nei due paesi europei più liberalizzati, Svezia e Gran Bretagna, ha palesato un livello di crescita nell’ultimo biennio pari al +10,8 per cento e +7,9 per cento, e nei primi sei mesi dell’anno, +9,4 per cento e +9,7 per cento. La crescita di questi due mercati è continua nel tempo. La liberalizzazione dunque, oltre ad avere permesso una maggiore concorrenza per quanto riguarda gli operatori presenti sul mercato inglese, ha permesso uno sviluppo del mercato del trasporto ferroviario con un sussidio relativamente basso. La sicurezza raggiunta dal trasporto ferroviario inglese, secondo gli ultimi dati Eurostat è la migliore insieme a quella svedese, superando sia la Germania che la Francia, Paese che fa dello statalismo nei trasporti la propria bandiera.
In questo panorama europeo, dove si confrontano due modelli, la Commissione Europea sembra avere scelto quello anglo-svedese, andando verso una maggiore liberalizzazione del trasporto ferroviario. Il nostro Paese deve quindi uniformarsi a quei Paesi che hanno raggiunto standard elevati di liberalizzazione, quali la Germania e la Svezia. Ma in un sistema così rigidamente controllato e di fatto statalizzato, vi sono delle grosse difficoltà di attuazione della riforma sopra proposta.
Il primo passo che deve urgentemente essere effettuato è la separazione de facto di Trenitalia da RFI, con annessa privatizzazione effettiva e dissoluzione della holding Ferrovie dello Stato, che controlla entrambe le entità summenzionate. Questo garantirebbe i vantaggi che ho elencato prima, e da questi cambiamenti discenderebbero eventuali evoluzioni della normativa attuale, improntate ad una maggiore apertura al mercato del settore.
I sussidi incrociati, che attualmente permettono la concorrenza sleale di Trenitalia Cargo, devono essere eliminati e questo è possibile solamente con la privatizzazione della stessa società.
L’Italia deve quindi scegliere se l’obiettivo è finanziare continuamente un’azienda inefficiente o permettere uno sviluppo di tutto il settore tramite una maggiore concorrenza.

IPM - IlPendolareMagazine © www.ilpendolare.it



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